Lo ius soli, facile facile

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Lo ius soli, facile facile

Abbiamo ancora davanti agli occhi la bagarre in Senato durante la discussione sullo Ius Soli. Come ogni volta, ricordate ala così detta “legge sul fine vita”, i nostri parlamentari su temi così delicati tirano fuori il meglio del peggio che hanno. E ne hanno da condividere. La legge è sostenuta dal Partito Democratico che riesce ad avere torto anche quando ha ragione. Sono, invece, contrarie le principali forze di opposizione: Forza Italia e Lega Nord si oppongono in maniera assai focloristica, mentre il Movimento 5 Stelle ha deciso di astenersi, come già aveva fatto alla Camera. I grillini si stanno meritando un posticino tutto loro tra gli ignavi di dantesca memoria. 

Ma facciamo un po’ di chiarezza: come funziona adesso?

L’ultima legge sulla cittadinanza, introdotta nel 1992, prevede un’unica modalità di acquisizione chiamata ius sanguinis (dal latino, “diritto di sangue”): un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”. Basta poco per capire che questa legge ha pesanti lacune. Infatti, esclude per diversi anni dalla cittadinanza e dai suoi benefici decine di migliaia di bambini nati e cresciuti in Italia, e lega la loro condizione a quella dei genitori. Esempio: se scade il permesso di soggiorno questo costringe la famiglia a lasciare il paese. C’è un problema!

E la nuova legge?

La nuova legge introduce soprattutto due nuovi criteri per ottenere la cittadinanza prima dei 18 anni: si chiamano ius soli (“diritto legato al territorio”) temperato e ius culturae (“diritto legato all’istruzione”). Parliamoci chiaro fosse per il diritto legato all’istruzione tanti dei bambini “italiani” dovrebbero, purtroppo, perdere il diritto della cittadinanza.

Lo ius soli puro prevede che chi nasce nel territorio di un certo Stato ottenga automaticamente la cittadinanza: ad oggi è valido ad esempio negli Stati Uniti, ma non è previsto in nessuno Stato dell’Unione Europea. Lo ius soli “alla meglio maniera”, come nella legge presentata in Parlmento, prevede invece che un bambino nato in Italia diventi automaticamente italiano se uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore in possesso di permesso di soggiorno non proviene dall’Unione Europea, deve soddisfare questi tre parametri:

– avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
– disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
– superare un test di conoscenza della lingua italiana.

L’altra strada per ottenere la cittadinanza è quella del cosiddetto ius culturae, e passa attraverso il sistema scolastico italiano. Potranno chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole elementari o medie).

Qualche numero.

Secondo uno studio della Fondazione Leone Moressa su dati ISTAT, citato da Repubblica, al momento in Italia ci sono circa 1 milione e 65mila minori stranieri. Moltissimi di questi ragazzi sono figli di genitori da tempo residenti in Italia, oppure hanno già frequentato almeno un ciclo scolastico (a volte le due categorie si sovrappongono). Sempre secondo i calcoli della Fondazione Leone Moressa, al momento i minori nati in Italia da madri straniere dal 1999 a oggi sono 634.592 (assumendo che nessuno di loro abbia lasciato l’Italia). Per quanto riguarda lo ius culturae, sono invece 166.008 i ragazzi stranieri che hanno completato almeno cinque anni di scuola in Italia.

Comprendere una legge è una responsabilità di tutti. Nessuno dovrebbe sentirsi libero di trattare la vita degli altri con superficilità. Il vuoto legislativo purtroppo crea differenze e squilibri sociali. Una buona legge, invece, può arricchire il patrimonio umano di un paese. I bambini purtroppo o per fortuna non stanno seguendo il dibattito. Anzi per la verità ne sono completamente esclusi. La discussione passa da un semplice sì invocando una “legge di civiltà” ad un no perchè “siamo contro l’invasione islamica”. Insomma tutto troppo semplice, abbiamo visto che non è così. In attesa della prossima puntata di “Parlamento trash”, godiamoci questo VIDEO, semplice e dolcissimo. I bambini non ancora nostri concittadini rispondono alla domanda: Ehi, lo sai che (non) sei italiano?