Milano non si ferma

Milano non si ferma

di Grazia Gotti

È da tempo che rifletto su Milano, ex capitale morale, come Firenze Capitale che nessuno più ricorda. Mentre i milanesi alzavano grattacieli, orribili a parer mio, e si sentivano la sola città europea del Paese, io vedevo altro. Quando mi capitava di andarci e di prendere il taxi, dopo la crisi del 2008, vedevo ex professionisti alla guida, e parlavo con loro. Ho preso nota della costruzione del palazzo della Regione, con quell’appartamento lassù in alto, e l’elicottero per il Celeste…
Sono nati grandi ospedali privati da un lato, mentre la Sormani è stata lasciata in uno stato miserevole, non degno di una città europea. Ho visto nuove piazze e mangiato hamburger improbabili alla libreria Feltrinelli. Ho visto il profilo del bookstore del Museo Novecento mutare tante volte, e ad ogni giro una qualità sempre più bassa.
Ho preso una metropolitana deserta per raggiungere la fiera nuova per la prima edizione della fiera del libro, l’anno successivo ho parcheggiato con agio ai piani alti della ex fiera, oggi luogo che ospita dei letti per far fronte al coronavirus, annunciati in numero di 500 da attrezzare in 10 giorni, quasi in competizione con i cinesi e chiamando Bertolaso a dirigere i lavori. In corso d’opera 100 giornalisti hanno affollato la conferenza stampa mentre la pandemia si stava espandendo con i numeri che sappiamo. Ho atteso i numeri del completamento dell’ospedale. Ho cercato ogni giorno sul web senza trovare nulla. Finalmente Repubblica di oggi dice che ci sono 53 letti pronti, ma solo otto occupati. Sono stati spesi 21 milioni e c’è chi si chiede se non fosse stato più opportuno provvedere alla medicina territoriale. Si dice anche che il denaro era lombardo, come se si accampasse il diritto di fare a modo proprio. Ma a me non pare una buona ragione sprecare danaro in un momento come questo.

Sorvoliamo veloci su Mani pulite, berlusconismo, Expo e veniamo a Sala. Ricordo un manifesto per l’8 marzo di qualche anno fa: il suo volto su poster 70×100 e la scritta “Ci mettiamo la faccia”, per me ancora un mistero da interpretare.
Avevo anche seguito la vicenda della biblioteca più moderna d’Europa BEIC a Porta Vittoria, di cui ad oggi non so più nulla, forse è virtuale, mentre la zona è residenziale. Aspetto maggiori informazioni dagli amici lombardi che siedono nel Board di IBBY Italia. Tempi lunghi, piani di fattibilità, denari in fumo. Una parabola più “sudista” che da capitale morale.
Il filo dei libri mi riconduce alla Milano che adoravo. Anna Maria Gandini alla Milano Libri, Vando Aldrovandi all’Einaudi, Milanopoesia, e le belle mostre che andavo a vedere. Poi ho memoria dei libri per ragazzi che ho letto. Uno “milanese” di autrice sarda, era diventato il pilastro della mia formazione di libraia, L’incredibile storia di Lavinia, di Bianca Pitzorno. Il suo sguardo sulla città, partiva da lontano, e precisamente da Andersen, da una Piccola Fiammiferaia che solo una fata poteva salvare.
Priscilla, di Giana Anguissola è stato pubblicato nel 1951; qui Milano è raffigurata con maestria, e il cuore del racconto è il Teatro alla Scala, la sua Scuola di Danza. Io lo ritengo uno dei più bei romanzi della grande scrittrice lombarda.
I toni dimessi della famiglia di Priscilla fanno da contraltare all’agio delle classi superiori. La mancanza di lavoro al principio della ricostruzione è raccontata con precisione e a ripensarlo oggi c’è da temere che scenari come quello del dopoguerra ci aspettino fuori dalle nostre case.
Poi era apparsa la Milano di Beatrice Masini, anche lei con la danza nel cuore e un contesto storico mutato rispetto a quello dell’ Anguissola, ma anche uno sguardo sulle solitudini e le difficoltà, molto ben individuate e rappresentate.
Avevo letto le pagine di uno scrittore anonimo che poi si rivelò essere Luigi Garlando per un premio letterario, pagine poi diventate libro, un romanzo pieno di pietas, di solidarietà meneghina al tempo della guerra di Bosnia, dal titolo La mia vita è una bomba.
In anni recenti sono andata a Milano per presentare un libro di Zita Dazzi ambientato nel carcere minorile Cesare Beccaria. Accanto a me l’avvocato Pisapia ex sindaco della città, da giovane educatore al Beccaria e da sindaco artefice dell’abbassamento dei canoni d’affitto delle librerie in Galleria.

Ad un certo punto della mia vita ho preso a cambiare direzione. In aereo o in treno mi sono recata con assiduità al Sud. Ho conosciuto tante persone attraverso i libri. Nella splendida libreria di Consiglia Aquino, L’angolo delle storie ad Avellino, dopo una presentazione ho conosciuto Claudia Cioffi e Alessandro Carofano di Edizioni Primavera, e di libro in libro siamo diventati amici. Lo scorso giugno, chiacchierando di cinema, e in particolare di cinema italiano, ci siamo ricordati di Miracolo a Milano, uscito nel 1951, girato a Milano nel 1950. Claudia e Alessandro hanno una concezione dell’editoria che condivido. Hanno anche osato una collana di letteratura teatrale,  i gabbiani, come già tutti sappiamo. Abbiamo rivisto Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, il film non amato dai comunisti perché troppo evangelico, non amato dagli evangelici perché troppo comunista, e un giorno, in viaggio in auto per Salerno per il Festival, abbiamo chiamato Zita Dazzi per chiederle se voleva fare Miracolo a Milano per ragazzi e ad Alice Barberini se lo voleva illustrare. Ora il libro è fatto, in bianco e nero, come il film.

Attraverso un libro Cervinara parla a Milano, la Milano di oggi, forse per dirle di ripensare a se stessa, di ritrovare un’anima, di ritornare ad essere la capitale morale e buon esempio per il Paese.
E guardando anche fuori, cercando unità. Nei giorni che verranno questa unità sarà decisiva per riprenderci, tutti insieme. Per quel che mi riguarda ho aperto un gruppo di lavoro in Ibby Italia, essendo membro del direttivo da poco tempo. Il titolo del gruppo di lavoro è NORD SUD UNITI DALLA LETTURA. Le iscrizioni sono aperte.